I Clean Bandit sono un gruppo nato assolutamente per caso. Jack Patterson, Luke Patterson, Grace Chatto, Milan Neil Amin-Smith (i quattro componenti della band) si sono incontrati per caso all’università di Cambridge, dove studiavano materie che niente avevano a che fare con la musica. Neil e Grace si sono conosciuti in un’orchestra locale, dove seguivano dei corsi di musica, poi la conoscenza con Luke e Jack fu, altrettanto automatica e casuale, all’università. I quattro iniziarono subito a collaborare, Jack registrava gli archi di Neil, che suona il violino, e Grace, che suona la viola, e successivamente creava i beat mentre Luke si cimentava alle percussioni, così da completare la composizione; è Jack che si occupa della maggior parte della composizione dei brani. In questo modo sono nati i primi brani. “Mozart’s House” è stato il primo successo, scritto in sole due ore, uscito nel 2013, che ha immediatamente raggiunto la diciassettesima posizione nella Uk singles chart; brano reso noto dall’emittente radiofonica “Radio 1”. “Rather Be”, uscito l’anno successivo, è diventato un successo planetario; schizzato immediatamente alle prime posizioni nelle classifiche dei singoli, vinse il disco di platino in sei nazioni, tra cui Stati Uniti e Gran Bretagna, e il disco d’oro in Belgio e Germania. Al brano ha prestato la voce Jess Glyne, di cui i Clean Bandit s’innamorarono dopo averla sentita cantare nel singolo “My Love” dei Route 94. Il miglior risultato, per “Rather Be” è stato raggiunto quest’anno, con la vittoria ai Grammy Award per la categoria: miglior brano dance. Il passo successivo non poteva essere altro che produrre il primo album. Il 30 maggio del 2014 esce “New Eyes”, il primo lavoro discografico dei Clean Bandit, con l’etichetta Atlantic Records, una di quelle che ha fatto la storia della musica producendo band del calibro dei Rolling Stones. L’album non ha avuto lo stesso successo del singolo “Rather Be”, ma comunque si è piazzato in ottime posizioni in varie nazioni europee, registrando il miglior risultato con il primo posto nella classifica “Uk Dance Album”.
La prima cosa che si nota in “New Eyes” è il numero di collaborazioni, in tantissimi: cantanti, fonici, produttori e musicisti, hanno scelto di collaborare al progetto dei Clean Bandit. Professionisti come Lewis Hopkins, Mark Ralph, Matt De Jong, Steve Dub, Uzoechi Emenike, che hanno lavorato con Madonna, Ed Sheeran, Disclosure, Rihanna, Paul McCartney e i Chemical Brother, si sono dedicati al completamento di quest’album. I Clean Bandit si sono potuti avvalere anche della collaborazione di Jimmy Napes, nella composizione del successo “Rather Be”, autore di altre Hit come: “Stay With Me” di Sam Smith o “Latch” dei Disclosure. Fondamentale precisare che le musiche sono completamente autoprodotte, alcune in collaborazione con altri artisti, e anche buona parte dei video sono “self made”. Un’altra cosa che appare chiara è la scelta di non avere un front man; questa scelta è dettata dalla voglia della band di collaborare con più artisti possibile, sognando un giorno essere fianco a fianco con Beyoncé o Drake.Il nome della band ha una storia piuttosto singolare; Jack e Grace hanno vissuto per un periodo della loro vita a Mosca, un giorno un’amico di Grace la chiamo “maledetto farabutto” in russo, che Grace tradusse letteralmente in inglese con Clean Bandit.
Appena si mette il disco in play è chiara la fusione tra musica elettronica e musica classica, d’altronde il titolo aiuta: “Mozart’s House”. Il suono degli archi è presente in tutti i brani, una costante necessaria per raccontare il loro progetto, il loro modo di intendere la musica e le loro idee. I testi sono di facile fruizione, raccontano emozioni e quotidianità; l’amore, in tutte le sue sfaccettature, è uno dei temi principali. Rivivi emozioni familiiari, in un abito estraneo, ma che calza a pennello. I suoni che i Clean Bandit abbinano alle parole sono inusuali, non è quello che ti aspetteresti. Le voci sono molto diverse tra loro, non se ne può parlare in maniera sommaria, ma insieme compongono un mosaico preciso, seguono un filo logico, discorsi che non stancano l’ascoltatore, nonostante la diversità. Suoni cupi si alternano con armonia a suoni chiari e cristallini in un racconto che privilegia la leggerezza delle piccole cose, descritte in modo serio e puntuale, ogni suono ti accompagna al successivo senza stonare e senza tediare. Un disco che si può ascoltare in quasi tutte le occasioni: quando si riordina la stanza, quando si vuole star soli o quando ci si vuole intrattenere. Decisamente un bel lavoro per il primo album di questa giovane band inglese.
Stefano Gattordo